CAGLIARI DA VISITARE: informazioni turistiche
CAGLIARI: Torre dell'Elefante e via Santa Croce
Dal bastione, risulterà semplice facile entrare nell'intricato labirinto
di scalinate e di stradine del rione Castello. A ovest, dove via Università
interseca il perimetro inferiore delle mura, sottostante lo scheletro
bombardato di un antico palazzo, oltre il principale l'edificio dell'Ateneo,
dopo il vecchio seminario tridentino, entrambi del XVIII secolo, la strada
arriva alla Torre dell'Elefante, sulla cui sommità è possibile godersi
il paesaggio del capoluogo sardo (da mar a domenica: maggio-ottobre dalle9
alle 13 e dalle15.30 allle19.30; novembre-aprile dalle 9 alle16.30; ultimo
ingresso: 15 min prima della chiusura; l’ingresso, 2€, è vietato ai minori
di 12 anni).
Fu edificata nel 1307 da Giovanni Capula, lo stesso architetto che diresse
la costruzione della Torre di San Pancrazio; entrambe sono capolavori
di ingegneria militare, insormontabili baluardi difensivi che i pisani
eressero, timorosi delle incursione aragonesi. Costituita da bianchi blocchi
calcarei, spoglia e senza merli, la Torre dell'Elefante pare tuttavia
incompiuta: il lato che affaccia sul centro storico è aperto alla maniera
tipica pisana. Attraversandolo, incombe il minaccioso cancello dalle punte
acuminate che svela i meccanismi del ponte . Posta a circa 10 metri dal
lato di viale Università, sulla facciata sud, si può notare una scultura
in pietra simboleggiante un elefantino – da cui la torre prende il nome
– simbolo di forza e fedeltà.
Muovendosi in direzione nord, dalla Torre dell'Elefante verso via Santa Croce, lambita da caratteristici bar con sedie all'aperto
vi invoglieranno a gustare in tutta tranquillità una memorabile panoramica
dall'alto delle mura della città, vi imbatterete nella trionfale chiesa
di Santa Croce. Il complesso, fondata dall’ordine dei Gesuiti
nel 1661, ha subito di recente importanti restauri, nel corso dei quali
si è scoperto che la base della costruzione altro non era che una sinagoga
destinata al culto ebraico, prima della loro espulsione dalla comunità
nel 1492.
Dell'antico quartiere ebraico resta solamente il nome ed un piccolo centro
esposizioni: II Ghetto. Sito in via
Santa Croce 18, è stato realizzato convertendo le caserme, un tempo sede
per i soldati di Carlo Emanuele III di Savoia, re del regno di Sardegna
nel XVIII secolo (da martedì a domenica: maggio-settembre dalle 08.30
alle 13 e dalle18 alle 21.30; ottobre-aprile dalle 10.30 alle 13 e dalle17
alle20.30; prezzo: €2,60). Tuttavia, nulla ricorda la comunità ebraica.
Suscitano particolare interesse le esibizioni temporanee, la struttura
del palazzo e la terrazza che regala una panoramica veduta su tutta la
città.
Percorrendo le mura, dal bastione San Remy verso nord, si arriva al cuore
pulsante del rione Castello, piazza Palazzo, uno spazio di forma allungata
adattato a principale parcheggio del rione e attorniato da maestosi edifici
settecenteschi.
Il punto di interesse principale della piazza è la cattedrale Santa Maria
del Castello (tutti i giorni: dalle 8 alle 12.30 e dalle16 alle 20), di
antica origine. Essa fu eretta nel XIII secolo e si presenta come un connubio
di diversi stili artistici. Il tempio, edificato in onore della Vergine
Assunta e Santa Cecilia Martire e successivamente rimaneggiato in stile
barocco nel corso del seicento, subì nel 1933 un nuovo restauro che permise
di innalzare l'attuale facciata in stile neoromanico, ispirata al prospetto
del Duomo di Pisa.
L'interno è un crogiuolo di elementi in stile gotico
e barocco. La volta appare riccamente affrescato e termina con l ‘indistinguibile
cupola a base ottagonale. Le navate laterale terminano con delle piccole
cappelle. Di immensa suggestione è la cappella di San Michele dove una
scultura marmorea rappresenta il santo mentre scaccia gli angeli ribelli
e mentre ai lati vi sono due statue rappresentanti San Giovanni Evangelista
e il Profeta Isaia . Ai lati del portale ecco i due massicci pulpiti in pietra, ornati per mezzo di bassorilievi scolpiti su un unico
ambone, commissionato intorno al 1160 a Guglielmo da Pisa; il pergamo
raffigurava scene di vita di Gesù, tra cui L'adorazione dei Magi,
II battesimo, II discorso della montagna e L'ultima cena. Nel
1312 l’opera passò dal Duomo di Pisa alla Cattedrale cagliaritana, dove,
durante i lavori di restauro del 1669 fu rimosso e diviso in due parti.
Prima della divisione, il Maestro Guglielmo progettò a sostegno del pergamo,
sette colonne di cui quattro poggiavano su quattro leoni feroci che divoravano
la preda ed ora collocati ai piedi del presbiterio.
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